Partiamo da un assunto: per chi è appassionato di domini, i domain hack sono il massimo.
La quantità di ccTLD ormai disponibili fa sì che ci siano sconfinate possibilità di trovare un nome simpatico, e poi a differenza del passato gli utenti tendono sempre più a comprendere e ricordare nomi a dominio intuitivi.
I domain hack vengono registrati per molteplici utilizzi, tra questi ricordiamo i più diffusi:
- Startup: vista la perenne difficoltà a trovare .COM liberi o a basso prezzo, sta capitando sempre più frequentemente che le startup utilizzino un domain hack come casa per la loro nuova attività, in attesa magari di avere le risorse necessarie per acquistare un buon dominio in seguito.
- Url shortener: molti brand noti, quando postano sui social network, per risparmiare caratteri usano una versione abbreviata del proprio dominio. Ad esempio tra i più famosi troviamo youtu.be, goo.gl, itun.es, reut.rs, oppure gli italianissimi ilpo.st e intern.az, usati rispettivamente dal quotidiano online Il Post e dalla rivista Internazionale.
- Azioni o giochi di parole: alcuni ccTLD, tra cui il nostro .IT e il .ME, si prestano perfettamente per creare giochi di parole in lingua inglese molto facili da ricordare, e che permettano di capire immediatamente il significato del sito che si sta per visitare. Alcuni esempi? Per i nostri domini fold.it, read.it, want.it, has.it, snip.it, mentre per i .ME ci limitiamo ai primi che ci vengono in mente: buy.me, play.me, about.me, ma potremmo citarne decine e decine.
- Siti personali: geek e domainers spesso utilizzano domini di questo tipo per farci la propria homepage. Ad esempio ma.tt (la casa del creatore di WordPress), t.im, frances.co, vlr.io, e altri ancora.
Quella di usare un domain hack è quindi senza dubbio una delle variabili di cui tenere conto quando si sta per scegliere il nome di una nuova attività online. Ma se l’ambizione del sito è quella di diventare molto frequentato, e di esplodere, bisogna necessariamente tenere presente l’aspetto del SEO, e quindi capire come si comportano i motori di ricerca al cospetto di un domain hack.
Naturalmente, si dice “motori di ricerca” ma si legge “Google“: per stabilire cosa mostrare in una determinata nazione e cosa in un’altra, Google analizza prima di tutto il TLD di appartenenza del dominio, e in caso di ccTLD assegna il sito alla nazione a cui si riferisce. E quindi un dominio .IT verrà indicizzato su Google Italia, un .FR uscirà solo su Google Francia, un .CA solo in Canada, e così via. Se il dominio invece è un gTLD, viene analizzata la lingua del sito insieme ad altri parametri che permettano di comprenderne il Paese di riferimento.
Ad esempio, il bellissimo ro.ma, domain hack che ospita un nascente social network della Capitale, allo stato attuale verrà indicizzato solo su Google Marocco (casa dei domini .MA), e probabilmente neanche su quello, visto che è un sito in lingua italiana in una nazione in cui si parlano francese e arabo.
Questo meccanismo è spiegato molto bene in un video pubblicato da Matt Cutts di Google il 27 Febbraio 2013, del quale riportiamo alcuni estratti:
As the domain space gets more exhaustive in .COM, people are getting more creative using domain names like Ma.tt which is owned by Matt Mullenweg of WordPress.com, which is a very cool domain, but is the country code for Trinidad and Tobago.
[…]
You have to think hard, if its going to be thought of as an international domain or a country code.
[…]
In some sense it comes down to a little bit of a call when a domain becomes truly generic, appropriate to the entire world.
[…]
But if you’re using an .ES for a word that ends in .es or .LI domain, which I understand is being used by a lot of businesses located in Long Island, because it’s really a cool address, you have to be careful because in the case of .ES we are going to think its related to Spain and in the case of .LI we are going to associate it as targeting residents of Lichtenstein because 99% of the domain in use are related to those countries.
Ogni webmaster può aiutare Google a capire meglio quale è la nazione di riferimento del proprio sito, impostando la Destinazione geografica all’interno di Google Webmaster (nella sezione Configurazione > Impostazioni), ma per la maggior parte dei ccTLD la destinazione geografica è preimpostata e non modificabile (vedi immagine sotto).
Ci sono tuttavia alcuni ccTLD per i quali Google da parecchio tempo permette di impostare la destinazione geografica, considerando tali estensioni come internazionali (vedi immagine sotto).
La lista ufficiale delle estensioni che Google considera internazionali (consultabile qui) fino a qualche giorno fa comprendeva solamente .CO (Colombia), .ME (Montenegro) e .TV (Tuvalu), ma è stata da pochissimo arricchita e portata a 20 ccTLD, ed e’ attualmente composta da:
- .AD
- .AS
- .BZ
- .CC
- .CD
- .CO
- .DJ
- .FM
- .IO
- .LA
- .ME
- .MS
- .NU
- .SC
- .SR
- .SU
- .TV
- .TK
- .WS
Inoltre, Google considera internazionali anche i due rTLD (Regional TLD) .EU e .ASIA, e ovviamente tutti i gTLD.
In sintesi, quindi, se:
- State considerando l’acquisto di un domain hack.
- Volete usarlo per realizzare un sito che si rivolgerà agli utenti di tutto il mondo, oppure ad utenti di una nazione diversa da quella a cui appartiene il dominio.
- Vi interessa essere ben indicizzati e ricevere traffico da Google.
Verificate prima se l’estensione è contenuta nella lista dei TLD che Google considera internazionali, e se non fa parte della lista cambiate obiettivo e scegliete un altro dominio: vi risparmierete così una lunga serie di problemi (e frustrazioni) future.